È arrivata il 4 maggio la prima, vera buona notizia per il settore dello spettacolo, dopo due anni di pandemia e una crisi che ha prodotto tra l’altro una dispersione di personale tecnico e artistico senza precedenti. Lavoratori e lavoratrici senza certezze, 1/5 dei quali – come evidenziato dalla ricerca di Fondazione Centro Studi Doc – ha abbandonato il settore, che nel 2019 produceva 1,4 miliardi di euro.
I parlamentari in Commissione Cultura al Senato hanno votato a favore dell’emendamento che introduce l’indennità di discontinuità, uno degli emendamenti alla legge di delega al Governo, presentati dai relatori Roberto Rampi (Pd) e Nunzia Catalfo (M5S). Obiettivo di questa misura è quello di riconoscere la specifica natura “discontinua” delle professioni creative. L’indennità di discontinuità, infatti, riconosce i tempi di preparazione, formazione e studio quali parti integranti dei tempi di lavoro effettivo, perché connaturati e indispensabili per chi svolge un lavoro delle arti performative. In altre parole, l’indennità di discontinuità riconosce il tempo fino ad oggi ritenuto di non attività come tempo di lavoro indispensabile.
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